Dagli archivi, senza motivo alcuno
L’hostess mi ha svegliato poco fa, per dirmi d’allacciare la cintura.
Ha sorriso, io ho ridacchiato imbarazzato. Stavamo per atterrare.
Ho attraversato l’Oceano. Ho attraversato l’Oceano e ora non so più da che parte guardare.
Sono a metà, come succede con i libri, e li guardi appoggiati sul tavolo, a metà perfetta, in equilibrio sulla rilegatura.
Gli addii. Ecco.
Quelli saprò sempre da che parte guardarli, nitidi. Sant’Iddio, ti rendi conto di quanto siamo stati fortunati?
Avremmo potuto conoscerci per anni, uscire ogni sera fino ad annoiarci e finire a parlare solo di lavoro e del tempo che passa fra un acquazzone e l’altro.
O non vederci mai e salutarci solo in coda al supermercato, di sfuggita, con lo sguardo fisso sul cartone del latte, come se dalla sua data di scadenza dipendesse la nostra dignitosa esistenza.
E magari stufarci pure di quello.
Salutarci con un ciao, magari un sorriso, e dimenticarci per sempre. Perchè alla fine è solo un ciao
Avremmo potuto essere qualunque cosa, e non condividere mai qualcosa di così intimo come un addio.
Mi piace. Per la prima volta in tanto tempo, mi piace. Siamo due delle persone più fortunate sulla faccia della Terra, ad aver potuto condividere un Addio.
Perciò.
Addio.
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti è unicamente imputabile all’esistenza d’un Universo ricorsivo.